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L'addio a Giordano

Il Roma 5 dicembre 2010 di Luigi Merola

L’ADDIO A GIORDANO
Vescovo buono, soffrì in silenzio
Ho partecipato anch’io all’ultimo saluto dell’arcivescovo emerito diNapoli, cardinale Michele Giordano. Ha presieduto alla celebrazione il cardinale Sepe assieme ai suoi sacerdoti e a tanti vescovi della Campania. Vi era tanta gente comune che ha apprezzato l’opera pastorale di questo vescovo in carica dal 1987 a giugno 2006: 19 anni di governo pastorale nella terza diocesi più grande d’Italia. Lo conobbi, allora, appena nominato vescovo di Napoli nel seminario minorile Paolo VI ai Ponti Rossi, nelsettembre 1987. L’incontro fu molto cordiale e affettuoso: conservo ancora la foto di lui con lo zucchetto viola, in un abbraccio con tutti i seminaristi prima che diventasse cardinale. Mi venne vicino e mi disse:“Che fai qui così piccolo?”. Avevo appena 14 anni e frequentavo il ginnasio: ero il più piccolo del seminario. Più volte venne a trovarci.
Amava intrattenersi con noi giovani che ci preparavamo al presbiterato; amava conoscere le nostre famiglie e gli piaceva molto fare lunghe passeggiate per i viali di questa bella villa del seminario. Da quando lasciò il governo pastorale dell’Arcidiocesi, per raggiunti limiti di età, non ebbi più la possibilità di essere ricevuto o di andar a fargli visita.
L’ho voluto incontrare nella sua casa a Capodimonte prima di iniziare, a settembre, il mio ministero di parroco alla stazione centrale di Napoli.Chiamai per questo il suo segretario, che l’ha sempre seguito e consigliato, mons. Salvatore Ardesini. Il 9 agosto ebbi l’emozione di rivederlo e riabbracciarlo, dopo alcune incomprensioni che vi erano state tra noi. Quando fui destinato da Marano di Napoli a via Duomo, a Forcella, mi sentii ferito. Non capivo questa improvvisa destinazione:
con la sua semplicità mi spiegò ogni passaggio di quella improvvisa nomina ed ora, a distanza di tempo, lo devo ringraziare. A Forcella mi disse più volte che “spenti i riflettori tutto ritornerà come prima”. E così è stato, il mio vescovo conosceva bene quello è nel cuore dell’uomo. Oggi posso affermare che il suo coraggio nell’affrontare anche guai giudiziari, fu la preghiera del santo rosario. Tutte le volte che l’ho incrociato, ho visto sempre che aveva in mano il santo rosario e il breviario. Ho apprezzato sempre in lui l’amore verso i più deboli: ha gridato più volte, specie, nell’Immacolata o nella solennità di san Gennaro, parole dure contro le istituzioni assenti, prendendo le difese dei disoccupati e dei senza tetto. Ho assistito, con i miei occhi, a
donazioni fatte a persone in difficoltà. Fui testimone, quando ero a Marano di Napoli come vicario parrocchiale: aiutò un prete povero e la sua famiglia. Mi sorprendeva il fatto che conosceva i nomi, non solo dei suoi sacerdoti, ma di tutti i seminaristi e di laici che incontrava nei numerosi convegni diocesani. Si impegnò a portare a termine la riforma iniziata dal cardinale Corrado Ursi attraverso l’applicazione delle
direttive del XXX sinodo diocesano. Amico di intellettuali, come Fulvio Tessitore, visitò aule accademiche tenendo lezioni agli studenti sui temi più dibattuti: come l’eutanasia, la procreazione, la donazione degli organi. Amava molto la filosofia e il pensiero teologico dei padri della Chiesa. Ha scritto diversi documenti e lettere pastorali, che sonorimaste nella storia della chiesa di Napoli come la “Sicut flumen pax tua”. Soffrì molto e in silenzio le battaglie processuali che locoinvolsero, ma, da ogni accusa uscì sempre assolto con formula piena.Sono contento oggi di poter dire che mi sono riconciliato con il mioprimo vescovo Giordano.

Luigi Merola

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